Jordi Parra - Spotify Box
Non era neanche il duemila quando il formato digitale già incluso nel supporto plastico del cd veniva immagazzinato e rapidamente scambiato tra gli utenti sotto forma di mp3. Alcuni pionieri della tecnologia e della musica digitale realizzavano startup davvero originali ma talvolta troppo proiettate in avanti per i tempi che correvano. E nel frattempo, con una velocità impressionante, si diffondeva in Rete una cultura della condivisione inedita, a tutto discapito del vero e proprio possesso fisico dei supporti tradizionali per la fruizione di musica. In parole povere, il consumatore ha gradualmente dismesso i dischi, quelli veri.
È proprio da questa premessa, tanto semplice quanto reale, che l’efficace Elliott Van Buskirk ha impostato uno dei suoi ultimi editoriali, ponendo l’attenzione sull’eredità mancante per tutte – o quasi – le generazioni di consumatori del futuro. In effetti, chi ha vissuto ed è cresciuto tra i dischi fisici sa bene quanto di fisico e personale ci sia nella scelta di un album, nella relazione con esso ancor prima che questo inizi a suonare. Così come, d’altronde, è innegabile la propensione a maneggiare oggetti, ancor prima dei supporti di riproduzione della musica.
E allora è il caso di rilanciare la condivisione della Spotify Box, un oggetto di design quanto utile a far comprendere il valore di un – piccolo – disco fisico. Funziona in modo molto semplice perchè abbina ad ogni cd (disco, cerchio, forma, che dir si voglia) un tag che può essere identificato ed elaborato da Spotify. L’utente dunque non possiede fisicamente il contenuto musicale depositato sui server dell’azienda svedese ma il mezzo e lo strumento per riprodurlo. Il tutto in un prodotto molto gradevole in termini estetici e di praticità di utilizzo. Vedere per credere.
È bene, infine, fare anche un giro sulla pagina del creatore di questa idea, Jordi Parra. Un brillante studente spagnolo di design del prodotto ed interaction design, attualmente impiegato presso Designit.
